Invano cerchi tra la polvere, povera mano, la città è morta. È morta: s’è udito l’ultimo rombo sul cuore del Naviglio. E l’usignolo è caduto dall’antenna, alta sul convento, dove cantava prima del tramonto. Non scavate pozzi nei cortili: i vivi non hanno più sete. Non toccate i morti, così rossi, così gonfi: lasciateli nella terra delle loro case: la città è morta, è morta.
Orietta Quasimodo (Milano 1935 - ivi 1996). Figlia di Salvatore Quasimodo e Amelia Spezialetti. Fu tenuta a battesimo dal pittore Domenico Cantatore. Per lei Quasimodo ha scritto Cavalli di luna e di vulcani. Laureata in Lingue straniere, ha svolto per tutta la vita la carriera di insegnante di inglese. Salvatore Quasimodo con la figlia Orietta Orietta Quasimodo è la primogenita di Salvatore Quasimodo, nata dalla relazione extraconiugale con Amelia Spezialetti. Il poeta era, allora, sposato con Bice Donetti che accettò di dividere l’appartamento di viale Mugello con la Spezialetti e la piccola Orietta(*). Il primo incontro tra Orietta e il fratello Alessandro (figlio di Salvatore e della seconda moglie di lui Maria Cumani) è avvenuto quando lei aveva, più o meno, 16 anni e lui 12. Fu organizzato dal nonno Gaetano Quasimodo che diede ad Alessandro appuntamento davanti ai cancelli della vecchia sede della Fiera di Milano. Quando Alessandro si presentò all’incontro, trovò il nonno in c...
Mario Cei e Alessandro Quasimodo Nel trigesimo della morte di Alessandro Quasimodo , Mario Cei ha curato una piccola pubblicazione in suo onore, stampata in 250 copie numerate e che contiene versi di vari autori e alcune foto ritraenti Alessandro stesso. La scelta dei versi attuata da Mario Cei pare indirizzata a sottolineare come le persone che restano portino in sé quelle che se ne sono andate. Le hanno “incamerate” durante tutta l’esistenza e pare impossibile che la Morte se le porti fisicamente via. Ad ogni modo, se il corpo ha cessato di vivere, la loro Anima/Essenza no: essa non se ne va, ma resta in chi rimane. Lo dicono bene alcuni versi della Yourcenar da cui Mario ha tratto il titolo della sua silloge ( “E tu te ne vai? Tu te ne vai?…" ) e che si riportano, sia per dare voce allo stupore che si prova di fronte alla morte di una persona cara; sia per ribadire come certi morti non vanno via, ma restano a proteggere i vivi come fossero dei mantelli: E tu te ne vai? Tu te...
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