Gli ultimi anni di Quasimodo

Quasimodo con Curzia Ferrari

Curzia Ferrari è stata una delle compagne di Salvatore Quasimodo.

Si conobbero che il poeta era fresco di Premio Nobel e la loro relazione durò, più o meno, sei anni e terminò con la morte di lui.


Agli anni della loro unione, la Ferrari, nel 1970, ha dedicato il libro Una donna e Quasimodo, pubblicato da Ferro Edizioni, dove traccia un profilo approfondito del Quasimodo-uomo.


Ne esce un ritratto vivido di un uomo pieno di contraddizioni e paure, ma non per questo privo di fascino e capace di slanci di generosità inusuali.

Un uomo iroso e manesco, ma, al contempo, fragile e in cerca d’amore.

Geloso fino alla caricatura, ma dedito al tradimento sistematico.

Un uomo in grado di indagare nel profondo l’Uomo, ma che, negli ultimi tempi, preferiva la solitudine agli uomini.

Un uomo che viveva male l’invecchiamento e aveva paura della Morte (propria e altrui: non volle mai vedere un defunto, ricorda l’autrice).

Un ateo che, però, credeva nel malocchio!

Un uomo che si percepiva bruttino e bassino, ma che ebbe sempre forte il culto della personalità e il piacere di vestire all’ultima moda.


In altre parole, un uomo lontanissimo dall’immagine un po’ ingessata che, per solito, si ha di un Premio Nobel che si vorrebbe tutto cultura e pensieri sublimi e spirituali.

No, Quasimodo, oltre all’amore per la cultura, aveva il culto dell’eros, della donna-donna, quella per nulla angelicata.


Un eros vissuto - negli ultimi tempi - come una sorta di ancora di salvezza, più che di sfogo del corpo. 

Un’ancora in grado di tenerlo attaccato alla vita.

Vita che percepiva, in modo netto, di stare perdendo.


E tale percezione della Morte vissuta con esattezza, gli creava ansie che sfociavano nell’assunzione disordinata di medicinali e in un’insonnia perenne che lo portava a dormire al massimo tre ore per notte.


Con i propri ricordi “a caldo”, restituiti al lettore riuniti in aree tematiche definite dal carattere di Quasimodo, piuttosto che in ordine cronologico, la Ferrari, dunque, ha reso il Maestro (così veniva comunemente chiamato il poeta) più umano.


Un libro che vale la pena cercare e leggere.


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