Il poeta è un irregolare

Giuseppe Liuccio in Quasimodo amalfitano, edito da Nicolodi nel 2002, ricorda le presenze ad Amalfi del Premio Nobel.
Le memorie di Liuccio sono state assai bene sintetizzate da Vito Pinto nel suo Viaggio inverso di cui si è già scritto.

Vale, ora, la pena porre l’attenzione su alcune frasi dette da Quasimodo durante il soggiorno amalfitano o come confidenze a Liuccio stesso, o come dichiarazioni pubbliche.
Affermazioni che, apparentemente, potrebbero sembrare contenutisticamente assai lontane tra loro, ma che, in realtà, danno un ritratto fedele del Quasimodo uomo. 
Di come lui si percepisse come maschio e come poeta.

Liuccio sottolinea come Quasimodo fosse di «cotta facile. Era un po’ califfo. Di donne ne aveva parecchie. Era un irrequieto dal punto di vista sentimentale.». 
A tale proposito, vale la pena ricordare come, per un periodo piuttosto lungo della sua vita, Quasimodo ebbe almeno tre donne: la prima moglie Bice Donetti; Amelia Spezialetti, madre di Orietta, prima figlia del poeta; e Maria Cumani, seconda moglie e madre del secondo figlio di Quasimodo, Alessandro.

Durante il primo soggiorno amalfitano, il poeta era legato a Curzia Ferrari e Liuccio ricorda come Quasimodo si confidasse con lui e come gli chiedesse esplicitamente se, oltre alla moglie, avesse anche qualche altro amore:

“Ma tu sei innamorato?” indagò impertinente.“Non di tua moglie, intendo dire. Lei è giovane e piacente. Però suppongo tu abbia altri amori. Diversamente non saresti poeta. E, poi, hai l’occhio birichino” aggiunse. [p. 34]

Quel “Diversamente non saresti poeta” la dice lunga: per Quasimodo essere un maschio sessualmente promiscuo ed essere un poeta pare andassero di pari passo. Pare proprio di poter affermare che le due cose, per lui, fossero legate: un poeta doveva anche essere un maschio con frequenti rapporti sessuali, meglio se con donne diverse.

A rinforzo di quanto detto, arriva una dichiarazione pubblica di Quasimodo che, come detto, solo all’apparenza è fuori contesto. 
A proposito dell’essere poeta, Quasimodo disse:

Le immagini forti, quelle create battono sul cuore dell’uomo più della filosofia e della storia. E poesia è libertà e verità, e non modulazioni astratte del sentimento. [p. 28]

E Liuccio, più oltre, spiega che Quasimodo

[...] riteneva con radicata convinzione che il poeta, quello vero, è una “eccezione”, nel senso della unicità della sua voce, che è voce di “libertà” e “verità”. Ma è anche un “irregolare” proprio perché libero e ribelle alla costrizione delle regole. [p. 50]

Non pare assurdo, per quanto detto finora, pensare che, per Quasimodo, le regole a cui il poeta vero non si attiene non fossero solo quelle della metrica accademica, ma fossero, soprattutto, quelle della società borghese e moralista. 
Quelle regole, ad esempio, che lo avrebbero voluto sposato, fedele, e sessualmente morigerato.
Quasimodo, invece, rivendicava il diritto di essere “libero”, “vero” e “irregolare”. Come poeta e come maschio.

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